L’umore può essere definito come quella funzione psichica che consente all’organismo di adattarsi al nostro mondo interno, psicologico e al mondo esterno.

L’umore presenta la caratteristica principale di essere flessibile.

Nelle normali situazioni di vita, l’umore si flette verso l’alto quando le persone vivono momenti piacevoli mentre tende verso il basso quando si sperimentano eventi spiacevoli.

I disturbi dell’umore si caratterizzano per una modificazione patologica del tono dell’umore. Per poter definire un disturbo dell’umore è necessario che alterazione del tono dell’umore sia presente per un certo periodo di tempo, crei un significativo e marcato disagio nella persona accompagnato da una compromissione nella capacità di funzionare a livello sociale, lavorativo e in altre importante aree di vita.

Le forme più comuni di alterazione del tono dell’umore sono:

  • depressione: si caratterizza per un tono dell’umore flesso verso il basso dove si riscontra la presenza di alcuni sintomi come tristezza, abbattimento, mancanza di energia.
  • mania (o ipomania): in questo caso il tono dell’umore è flesso verso l’alto caratterizzato dalla presenza di alcuni sintomi come euforia, eccitabilità, pensieri che corrono veloci.
  • episodi misti: si caratterizzano per la compresenza di sintomi depressivi e sintomi maniacali.

I disturbi dell’umore sono stati classificati e suddivisi in due categorie distinte secondo il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-V):

Disturbi Depressivi

Disturbo Bipolare

Per iniziare a comprendere la complessità del disturbo depressivo vorrei darvi una serie di dati che spiegano come questa patologia rappresenti nel mondo una vera e propria emergenza.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ci dice che la depressione è il disturbo mentale più diffuso al mondo e in costante aumento. I dati a disposizione ci informano che ogni anno 322 milioni di persone a livello mondiale si ammalano di depressione e circa 1 milione muore per suicidio. I dati Istat più recenti ci dicono che in Italia soffrono del disturbo circa 2,8 milioni di persone. Di questi il 4,5% ha più di 65 anni con un aumento dei casi che può raggiunge il 40% nei pazienti istituzionalizzati (es. anziani in casa di riposo). È più frequente nelle donne soprattutto in coloro le quali hanno appena partorito o hanno difficoltà nella gestione del neonato o nell’adattamento al nuovo ruolo di madre o che si trovano in particolari momenti di transizione della vita come nel caso della menopausa. La depressione comporta delle gravi conseguenze in termini di qualità di vita. Si assiste a un progressivo peggioramento del funzionamento della persona a livello sociale, lavorativo, famigliare, e più in generale del benessere mentale e fisico fino ad arrivare al suicidio. Nella depressione, il rischio di suicidio è molto alto. Nel 2015, a livello mondiale, i pazienti depressi che si sono tolti la vita sono stati 788 mila e il suicidio ha rappresentato la seconda causa di morte nelle persone dai 15 ai 29 anni. In Italia (Istat,2018) i dati riportano che, nella fascia d’età tra i 20 e i 34 anni, il suicidio costituisce un importante causa di morte (12% dei decessi). L’organizzazione mondiale della sanità aveva stimato, verso la fine degli anni ‘90 del secolo scorso, che la depressione, per costi e disabilità prodotta, sarebbe salita al secondo posto subito sotto la patologia cardiaca cronica entro il 2020. Questi dati si sono realizzati nel 2012.

Di fronte a questo quadro grave e complesso, c’è una buona notizia! La depressione è uno dei disturbi mentali più curabili. L’ American Psychological Association (2010) dichiara che tra l’80 e il 90% delle persone depresse presenta una buona risposta al trattamento farmacologico combinato con il trattamento psicoterapeutico. In generale le persone depresse che si sottopongono alle cure riportano un miglioramento della sintomatologia.

La depressione è un disturbo dell’umore che raccoglie al suo interno diversi disturbi depressivi (vedi classificazione dei disturbi depressivi secondo il DSM-V).

Gli elementi in comune che caratterizzano questi disturbi sono la presenza di un umore triste, vuoto o irritabile accompagnato da una costellazione di sintomi somatici, cognitivi, motivazionali, comportamentali e affettivi che nel loro insieme diminuiscono la capacità di “funzionare” della persona a livello sociale, lavorativo, famigliare incidendo negativamente sulla qualità di vita.

Le differenze principali dei diversi disturbi depressivi riguardano la durata, la distribuzione temporale o la presunta causa.

La persona con depressione vive un profondo stato di tristezza, di disperazione, di abbattimento, di angoscia che solitamente è presente nella maggior parte del giorno quasi tutti i giorni; i sentimenti di tristezza o angoscia possono essere presenti in particolari momenti della giornata, per lo più al mattino.

Spesso la patologia comporta una marcata perdita di interesse nei confronti di quelle attività che, prima della comparsa della malattia, la persona svolgeva con piacere come andare al cinema, teatro, incontrare gli amici. Molto comuni sono i disturbi del sonno ad esempio la persona può dormire troppo o avere difficoltà nell’addormentarsi o svegliarsi troppo presto al mattino e non sentirsi sufficientemente riposata oppure svegliarsi durante la notte e non riuscire a riprendere il sonno.

La persona con depressione spesso si sente confusa, ha difficoltà a concentrarsi, a pensare lucidamente e prendere le più banali decisioni può trasformarsi in un’impresa.

Tende a stancarsi facilmente per svolgere piccoli compiti, si sente esausta e sfinita. La persona fatica a prendersi cura di sé, del suo aspetto e della sua igiene. È molto meno interessata alla vita famigliare e sociale; ha difficoltà a svolgere il suo lavoro o ad andare a scuola.

Si osservano dei cambiamenti a livello di appetito: nella maggior parte dei casi la persona iniziare a mangiare meno e questo può comportare una diminuzione di peso in altri casi invece la persona mangia di più del solito e conseguentemente aumenta di peso in quanto il cibo viene utilizzato come mezzo per consolarsi o distrarsi.

Le persone con depressione si percepiscono come inadeguate, fallite, inutili, sentono di valere poco a cui si associa un senso di colpa eccessivo e la convinzione di essere indegni.

Possono essere frequenti le crisi di pianto e la presenza di sintomi ansiosi.

Nelle persone con depressione vi è un alto rischio di suicidio. Si riscontrano spesso pensieri ricorrenti di morte, pianificazione e tentativi di suicidio.

Questi pensieri sono caratterizzati dal desiderio di non svegliarsi più, dalla convinzione che le persone care starebbero meglio senza di lui fino ad arrivare a pensieri fugaci di suicido, alla pianificazione e alla messa in atto del piano.

I disturbi depressivi si caratterizzano per la presenza di una costellazione di sintomi suddivisibili in:

SINTOMI COGNITIVI:

  • pensieri negativi, su di sé, il mondo, sugli altri
  • difficoltà di concentrazione, memoria, nel prendere decisioni
  • tendenza ad auto svalutarsi
  • idee di colpa, di essere indegno, di rovina
  • ruminazione mentale
  • sensazione di lentezza dei pensieri o vuoto mentale

SINTOMI AFFETTIVI/EMOTIVI:

  • umore depresso
  • tristezza
  • angoscia
  • senso di colpa
  • irritabilità
  • ansia
  • vuoto mancanza di speranza nei confronti del futuro

SINTOMI MOTIVAZIONALI:

  • perdita di interesse o di piacere verso tutte o la maggior parte delle attività abitualmente  svolte

SINTOMI FISIOLOGICI/SOMATICI:

  • agitazione o rallentamento psicomotorio
  • mancanza di energia
  • affaticabilità
  • dolori fisici
  • aumento o diminuzione di peso
  • mancanza o eccesso di sonno
  • mancanza di desiderio sessuale
  • dolori fisici (es. mal di testa, dolori alle ossa e alle articolazioni,dolori addominali)

SINTOMI COMPORTAMENTALI:

  • riduzione delle attività quotidiane (es. non riuscire a fare la spesa, fare da mangiare, pulire casa, prendere i figli a scuola)
  • isolamento sociale volontario
  • frequenti lamentele
  • tentativi di suicidio

La depressione è un disturbo che tende a ripresentarsi con nuovi episodi nel corso della vita della persona.

I dati a disposizione ci indicano che se una persona ha sperimentato un episodio depressivo nel corso della sua vita ha il 50% di probabilità di svilupparne un altro; per chi ne ha avuto due la percentuale di attesta intorno al 75% e sale fino al 90% per coloro che nella vita hanno vissuto fino a tre episodi depressivi.

È per questo che risulta fondamentale, e costituisce uno dei punti cardini dell’intervento cognitivo-comportamentale, individuare tutti quei fattori di rischio che aumentano la vulnerabilità alla ricaduta del disturbo.

Nel concorre a determinare la comparsa del disturbo vi sono una serie di fattori di natura biologica, genetica e psicosociale.

  • Fattori biologici: gli studi hanno evidenziato una serie di modificazione nella regolazione di due principali neurotrasmettitori (sostanze chimiche che controllano nel cervello il passaggio degli impulsi elettrici):

serotonina: una sua diminuzione è associata ad un peggioramento del sonno, dell’interazione sociale e a un aumento nella tendenza a pensare ossessivamente alle cose.

noradrenalina: una sua diminuzione comporta minore capacità d’iniziativa ad esempio si osserva una maggiore trascuratezza della propria igiene personale.

  • Fattori genetici: i parenti di primo grado di una persona con disturbo depressivo hanno un rischio 2-3 volte più alto di avere nella loro vita un episodio depressivo.
  • Fattori psicosociali: la depressione può essere favorita da eventi di vita stressanti che vengono interpretati dalla persona predisposta come difficoltà o perdite gravi, inaccettabili e insuperabili o come fallimenti:

-separazioni coniugali e più ingenerale interruzioni di legami affettivi;

-conflitti interpersonali e famigliari;

-lutti (che vanno distinti dal normale lutto fisiologico);

-malattie fisiche proprie (soprattutto se croniche e invalidanti) e di persone care;

-licenziamenti, fallimenti o problemi sul lavoro, cambiamenti in negativo di mansione;

-essere vittima di un reato o di problemi giudiziari;

-bocciature, cambi di classe o di scuola;

La depressione causa una compromissione del funzionamento della persona su più piani.

Si assiste spesso ad un progressivo aumento delle difficoltà in ambito lavorativo e scolastico dovute soprattutto alle difficoltà di concentrazione, di memoria e una più generale difficoltà di pensare in modo lucido. La conseguenza immediata è un progressivo peggioramento del rendimento associata ad un aumento delle assenze.

Comune è inoltre il progressivo isolamento sociale volontario. La persona si chiude sempre di più in se stessa, non prova più piacere verso quelle attività che prima trovava gratificanti, si riducono progressivamente i momenti di condivisione sociale con gli amici; si assiste inoltre ad un peggioramento dei rapporti relazionali con i famigliari; spesso la persona non è più in grado di svolgere il ruolo di genitore.

Le conseguenze più gravi della malattia si osservano soprattutto nelle persone più giovani in termini di età. Negli adolescenti e nei giovani adulti la depressione compromette la possibilità di portare avanti un percorso di studio, di trovare lavoro, di creare rapporti d’amicizia e affettivi.

Comune, soprattutto negli adolescenti, è l’abuso di sostanze come alcool, droghe e farmaci utilizzate per alleviare i sintomi che però a lungo termine peggiorano il disturbo.

Gli studi inoltre hanno evidenziato che esiste una stretta correlazione tra depressione e patologie fisiche; sembra che la depressione aumenti il rischio di andare incontro a malattie cardiovascolari e cerebrovascolari.

La terapia prevede la combinazione di una seri di tecniche cognitive e comportamentali.

Le tecniche comportamentali vengono utilizzate soprattutto nella prima fase di trattamento della depressione. Esse prevedono una serie di strumenti d’intervento volte a permettere una graduale riattivazione a livello comportamentale.

Sappiamo che la depressione comporta una progressiva perdita di interesse nei confronti di quelle attività che prima della comparsa dei sintomi venivano svolte con piacere; si assiste inoltre progressivo isolamento dal contesto sociale e famigliare; la persona si chiude sempre più in se stessa; svolgere anche le attività più semplici (come lavarsi, vestirsi, alzarsi dal letto, occuparsi delle faccende domestiche) si trasforma in una vera e propria impresa.

La persona progressivamente si sente sempre più stanca e di conseguenza riduce il suo livello di attività.

Gli studi ci dicono che l’inattività e l’isolamento mantengono l’umore depresso, impediscono alla persona di vivere esperienze che danno piacere e di sperimentare stati mentali positivi creando un circolo vizioso che da tempo e spazio ai pensieri negativi, pessimistici e di autosvalutazione di rinforzarsi.

Il principio di questa prima fase d’intervento è molto semplice: se aumenti in modo progressivo e graduale le attività quotidiane dando spazio a quelle più piacevoli ti sentirai sempre meno stanco e demotivato, acquisterai sempre più forza ed energia e questo inciderà positivamente sull’umore permettendoti di sentirti più sereno.

L’intervento cognitivo si compone di una serie di tecniche volte a individuare e a modificare pensieri e credenze negative che producono e mantengono la sofferenza psicologica.

Agli inizi degli anni ‘60 del secolo scorso A.T.Beck (uno dei padri fondatori della psicoterapia cognitiva), notò attraverso l’analisi del contenuto delle sedute svolte con pazienti depressi, la presenza di un flusso di pensieri automatici, poco consapevoli (chiamati Pensieri Automatici Negativi) caratterizzati da un contenuto di forte autocritica, incapacità, inutilità, non amabilità, di fallimento in cui il tema dominante era rappresentato dalla perdita vissuta come immodificabile, irreversibile di uno scopo cardine per il progetto esistenziale della persona e quindi non sostituibile con nient’altro.

A partire da questi pensieri automatici negativi, Beck individua tre schemi di pensiero che caratterizzano la persona depressa:

  1. Su se stessi: sono caratterizzati da un eccessiva autocritica e svalutazione (es. “non valgo nulla”, “è colpa mia se le cose vanno così”); la persona si percepisce come inutile, inadeguata, difettosa.
  2. Sul mondo: questo viene percepito come un luogo in cui tutto appare difficile, pericoloso e dove gli altri vengono percepiti come ostili, eccessivamente richiestivi, incapaci di comprendere; l’ambiente circostante rappresenta il luogo dei propri fallimenti.
  3. Sul futuro: ovvero una visione negativa del futuro che spesso si caratterizza per uno stile di pensiero che si manifesta con frasi di questo tipo “andrà sempre tutto male” “non riuscirò mai a superare questa depressione”, “non riuscirò mai a stare meglio”.

Oltre alla presenza di questi tre schemi negativi, Beck individua una serie di errori cognitivi o distorsioni cognitive che essenzialmente possono essere definite come dei modi distorti di dare significato alle proprie esperienze sia interne (es. pensieri, emozioni, sensazioni) ed esterne.

Ad esempio alcune distorsioni cognitive sono:

-Generalizzazione: “Se ho sbagliato a svolgere quel lavoro oggi, sbaglierò sempre”

-Pensiero dicotomico: “O passo l’esame brillantemente oppure sarò un fallito”

Minimizzazione: “Ho vinto la gara, ma è stata solo fortuna”

I pensieri automatici negativi, la visione negativa di sé, del mondo e del futuro, gli errori cognitivi costituiscono i sintomi più evidenti, i quali sono alimentati da schemi di pensiero più profondi detti anche schemi depressogeni.

Gli schemi depressogeni possono essere definiti come strutture cognitive attraverso le quali la persona elabora, valuta, codifica l’insieme delle informazioni che provengono dalle esperienze interne ed esterne alla persona, costruendone il significato, organizzando e suddividendo in aspetti cognitivamente rilevanti” (Mancini e Rainone,2010).

Questi si formano a partire dall’infanzia, nella relazione con le persone di riferimento.

La presenza di questi schemi non necessariamente comporta una loro attivazione; potrebbero anche rimanere silenti tutta la vita senza portare a depressione tuttavia la loro presenza costituisce un importante elemento di vulnerabilità.

Questi schemi solitamente si attivano in seguito ad esperienze di vita stressanti oppure di fronte a eventi desiderati che però non si realizzano innescando una reazione a catena in cui la visione negativa di sé, del mondo e del futuro si attiva e la persona inizia a valutare il tutto in termini di perdita, di incapacità, di inadeguatezza.

Questa condizione porta la persona a sperimentare i sintomi cognitivi, emotivi, comportamentali, fisiologici, motivazionali sopra descritti che caratterizzano la depressione.

Questi sintomi vengono a loro volta valutati dalla persona come il segno tangibile del proprio essere difettoso, indegno, di come il futuro sia senza speranza, di come il mondo sia il luogo dei propri fallimenti, sofferenze ed umiliazioni rafforzandoli e sentendosi ancora più depresso.

Ad alimentare e a mantenere il disturbo depressivo concorrono specifici meccanismi, ad esempio uno di questi è rappresentato dal legame tra sintomi di faticabilità e passività (più la persona si sente stanca, più riduce il suo livello di attività, più aumenta il senso di faticabilità) che vanno a creare dei veri e propri circoli viziosi.

Il piano di trattamento prevede inoltre, quando la persona presenta una remissione dei sintomi depressivi, uno specifico intervento di prevenzione delle ricadute.

Gli interventi che hanno dimostrato maggiore efficacia sono la Terapia Cognitiva del benessere (Fava et al.) e la Terapia Cognitiva basata sulla Mindfulness (Teasdale et al.).

  • Disturbo depressivo maggiore (che include l’episodio depressivo maggiore)
  • Disturbo depressivo persistente (distimia)
  • Disturbo disforico premestruale
  • Disturbo depressivo indotto da sostanze/farmaci
  • Disturbo depressivo dovuto a un’altra condizione medica
  • Disturbo depressivo con altra specificazione
  • Disturbo depressivo senza specificazione

Fonti Bibliografiche:
-Mancini, Rainone “La mente depressa. Comprendere e curare la depressione con la psicoterapia cognitiva”
-La Mela “I protocolli clinici della terapia cognitivo-comportamentale”
-Perdighe, Mancini “Elementi di Psicoterapia cognitiva”
-Michielin, Morosini, Leveni, Mcdonald, Piacentini “La depressione: Che cosa è e come superarla”